Il prossimo 17 aprile è una data importante per il nostro Paese. Si vota il referendum contro le trivellazioni, promosso da nove consigli regionali, appoggiati da numerosi movimenti e associazioni ambientaliste.
Come Terra!Onlus crediamo che votare SI al referendum rappresenti un’occasione unica per respingere una strategia energetica completamente sbagliata e priva di futuro. Un’occasione in cui ognuno, votando, può fare la sua parte. Per questo abbiamo aderito con convinzione al comitato nazionale delle associazioni “VOTA SI’ PER FERMARE LE TRIVELLE” e ci stiamo attivando sui territori in cui lavoriamo.
Nel bel mezzo di una crisi energetica di portata internazionale, come quella attuale, con la maggioranza dei paesi europei e non che stanno investendo massicciamente in energia rinnovabile per uscire dalla suddetta crisi, il governo Renzi fa la sua corsetta al petrolio e al gas autorizzando lo sfruttamento di giacimenti petroliferi offshore che garantirebbero la sussistenza energetica del nostro paese per poche settimane, fregandosene dell’impatto ambientale sull’ecosistema marino, dato dagli sversamenti e dai bombardamenti sui fondali marini alla ricerca del petrolio (airgun), e guardando di riflesso al passato invece che al futuro energetico di questo paese.
Ma cosa chiede il quesito referendario? E perché votare SI?
Cosa chiede il quesito referendario?
Nel quesito referendario si chiede: “Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?”. Il quesito riguarda solo la durata delle trivellazioni già in atto entro le 12 miglia dalla costa, e non riguarda le attività petrolifere sulla terraferma, né quelle in mare che si trovano a una distanza superiore alle 12 miglia dalla costa (22,2 chilometri).
Se vince il SI?
Se vincerà il sì, sarà abrogato l’art. 6 comma 17 del codice dell’ambiente, dove si prevede che le trivellazioni continuino fino a quando il giacimento lo consente. La vittoria del sì bloccherà tutte le concessioni per estrarre il petrolio entro le 12 miglia dalla costa italiana, quando scadranno i contratti. Inoltre molti impianti scarsamente o per nulla produttivi avrebbero un fine vita chiaro, obbligando infine le compagnie a smantellarli.